24 Luglio 2017

O’SCIA': quattro giorni a Lampedusa

Come ogni anno, arrivato maggio, io e mia madre, decidiamo di prenderci qualche giorno di pausa dal caos, dalla routine, dal lavoro.
Ci teneva a portarmi nell’isola che nominava molto, in cui era già stata ben due volte.
Computer alla mano e si prenota il volo, destinazione: LAMPEDUSA.
 Persa nel Mediterraneo, dieci chilometri e mezzo di lunghezza per neanche quattro, è l’ultima parte d’Italia prima di raggiungere l’Africa. Come definiscono gli stessi lampedusani, “una parte d’Italia che non è Italia”, dimenticata da tutti, troppo spesso nominata solo per fatti tragici legati all’immigrazione clandestina.
Partenza da Venezia di domenica mattina, alle 05.50, orario ottimale per godersi pure il primo giorno a pieno.  Prendo sonno poco dopo il decollo, visto l’orario e mi sveglio con la voce del comandante dell’aereo. Guardo giù: distese infinite di mare e una piccola isoletta all’orizzonte, una piccola lingua di terra solitaria, fatta di scogliere a strapiombo su acqua turchese. Sembrava di poter sentire già il profumo del mare, profumo di vento, profumo di pace.

Dopo essere atterrati, raggiungiamo “Oasi di Casablanca” un complesso di camere poco distante dal faro di Capo Grecale (posto CONSIGLIATISSIMO). Depositiamo i bagagli e facciamo colazione, prima di dirigerci verso il porto vecchio per fare il giro dell’isola in barca: visto lo stato di calma del Maestrale la giornata era a dir poco ottimale per l’uscita. Saliamo nella “Baby 2” e partiamo facendo il senso orario dell’isola, fermandoci al largo per un bagno presso ogni spiaggia. Pranziamo a Capo Ponente con una bella grigliata di pesce a bordo barca, musica, risate, per poi ripartire e trovarsi i delfini davanti.
Raggiungiamo la terra ferma circa alle 18 e ci incamminiamo per raggiungere la “nostra” Oasi, passando per via Roma e gustandoci degli arancini tipici: fuori dal centro abitato le vie sono impervie e rocciose e l’asfalto è praticamente inesistente. Prendiamo sonno abbastanza presto, vista la giornata dagli orari impegnativi,  con il canto dei gabbiani in sottofondo,  per poi svegliarci all’alba godendocela a pieno a ridosso del faro di Capo Grecale: una vera meraviglia della natura.
Colazione e via all’autonoleggio per ritirare il mezzo che ci accompagnerà per i prossimi tre giorni. Il clima perfetto ci accompagna per il resto della giornata: il vento soffia tiepido e costante portandoci profumi di origano selvatico e timo fiorito, il sole caldo si alterna a nuvole che raffreddano l’aria, lungo strade sterrate e rocciose che si alternano a zone arse, alte agave e giganteschi fichi d’India. Percorriamo strapiombi sul mare, dove riempiamo gli occhi e il cuore di un blu intenso,colore di un mare frizzante e movimentato che si infrange  negli scogli sotto di noi, sotto radure che digradano e poi risalgono aspre e selvagge.
Raggiungiamo una zona militare, in cui troviamo diverse barche malandate, di vecchi sbarchi, in cui si possono vedere testimonianze della sofferenza passata a bordo, di persone disperate alla ricerca di una miglior vita. Scarpe di diversi numeri, pannolini di bambini piccoli, zaini, bottiglie d’acqua e di latte con scritte incomprensibili, magliette e diversi modelli di pantaloni. Un esperienza che tutti dovrebbero fare e provare, per capire cosa c’è sotto il fenomeno dell’immigrazione.
Ci spostiamo verso l’isola dei Conigli, posto protetto in cui vanno a nidificare le tartarughe, un vero paradiso terrestre. Lasciamo il motorino sulla strada , prendiamo del cous cous di verdure nella bancarella li all’ingresso prima del percorso sterrato da fare per raggiungere la spiaggia e ci dirigiamo verso la scogliera, ricoperta di origano in fiore. Con il nostro pranzo al sacco, ci distendiamo e mangiamo di fronte a quel paradiso, gustandoci profumi e colori, riempiendoci il cuore di emozioni.

Dopo aver fatto il bagno nell’acqua cristallina, ci spostiamo verso il faro di Cala Creta, e ci godiamo il tramonto, prima di raggiungere il centro di Lampedusa, via Roma. Ci aggreghiamo al resto di turisti e ai lampedusani, tra negozi aperti e ristoranti, quando inizia a piovere. Via di corsa in motorino, raggiungiamo il nostro alloggio.

Il giorno dopo, penultimo giorno, decidiamo di spostarci in aliscafo e raggiungere l’isola di Linosa, situata a 42 km a nord est di Lampedusa, isola  completamente diversa rispetto a quest’ultima, in quanto di origine vulcanica. Noleggiamo una bici elettrica nell’unico paesino che si trova nell’isola, e iniziamo a fare il giro della piccolissima isola, che conta circa 400 abitanti in tutto. Case simili a quelle di Cuba dai colori sgargianti, piantagioni di lenticchie, scogli neri che si riversano su un mare blu cobalto, ben tre vulcani, terra rossa, moltissimi gatti, piscine naturali scavate sulla lava, abitanti cordialissimi e molto disponibili. Una vera meraviglia!
A malincuore, arriva l’ultimo giorno. Abbiamo mezza giornata a disposizione prima del volo di ritorno e decidiamo di godercela a pieno. In sella al nostro motorino decidiamo di fare l’ultimo giro dell’isola: percorriamo tutte le strade perimetrali dell’isola e raggiungiamo cala Pulcino, spiaggia meravigliosa, che si raggiunge con mezz’ora di sentiero sterrato che serpeggia tra arbusti, origano, capperi e rocce, con sottofondo il canto dei gabbiani.
Come ultima tappa, prima di riportare il motorino al noleggio, raggiungiamo la “Porta d’Europa”, monumento che guarda la Libia, costruito apposta come simbolo di benvenuto alle persone che raggiungono Lampedusa dal mare, vivi o morti che siano (i lampedusani sono molto rispettosi nei loro confronti).

Concludo la descrizione di questo viaggio spiegando il titolo dell’articolo. Il termine O’Scià, è usato esclusivamente a Lampedusa. Significa mio respiro, fiato mio. E’ un espressione simbolo nell’isola, è un saluto, un invito alla tolleranza, all’apertura verso il prossimo, è un espressione d’affetto, rispetto e accoglienza per chiunque metta piede in questa perla del mediterraneo. E’ un termine docile, altruista, dolce e affettuoso, che rispecchia esattamente il carattere dei lampedusani. Posso dire che per me è stato un viaggio fisico e spirituale che mi ha riempito il cuore di emozioni, colori, gioia, un viaggio a contatto con persone semplici e meravigliose che si “accontentano” delle emozioni della loro terra per essere felici. Consiglio a tutti una sosta in quest’isola!
Irene Zilio

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